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Ascoltando il corpo - di Martin Kalff

Dall'introduzione di Paolo Ferliga a "Ascoltando il corpo. Nuove vie per il gioco della sabbia" di Martin Kalff

Questo libro presenta il lavoro di ricerca e sperimentazione sul Gioco della sabbia (Sandplay therapy) di Martin Kalff e di un gruppo di terapeuti italiani che da più di dieci anni collabora con lui, incontrandosi periodicamente nella sua casa di Zollikon, sul lago di Zurigo.

Nata negli anni Sessanta del secolo scorso grazie alle profonde intuizioni di Dora Kalff, la terapia col Gioco della sabbia si apre, nella visione del figlio Martin, a un metodo rinnovato che focalizza l’attenzione sulla risonanza che le immagini delle sabbie suscitano nel corpo sia del paziente che del terapeuta.
Nel novembre del 2007 Martin Kalff propone questa nuova visione al “Gruppo di Zollikon” che la accoglie subito con interesse e passione. In questo confronto, in cui ciascuno mette in gioco non solo le sue idee, ma anche i suoi vissuti personali, Kalff trova una conferma della sua ipotesi iniziale e stimolo a proseguire in una ricerca che viene qui presentata per la prima volta in forma compiuta.
  Il gioco con la sabbia è un’esperienza primaria del bambino, toccare la sabbia e impastarla con l’acqua lo diverte e nello stesso tempo lo aiuta a sviluppare fantasia e creatività. Dora Kalff ha valorizzato questa esperienza, trasformandola in strumento di diagnosi e cura per bambini con disturbi di tipo psicologico.Nello studio del terapeuta il bambino trova due cassette azzurre piene di sabbia, una bagnata e l’altra asciutta, e un mondo intero in miniatura, rappresentato da oggetti di vario tipo disposti su alcuni scaffali. Attraverso il gioco il bambino può mettere in scena i propri conflitti inconsci e entrare in contatto con le energie profonde della psiche. Si attiva così in lui un processo di trasformazione che il terapeuta può osservare nelle immagini e nei simboli che man mano compaiono nella sabbiera.
Ben presto questo tipo di terapia si è estesa agli adolescenti e agli adulti. Favorendo una regressione agli stadi pre-verbali della vita psichica, il gioco consente infatti anche a loro di entrare in contatto con il Sé, centro motore della vita psichica, e sviluppare quindi quelle potenzialità creative e trasformative che favoriscono la guarigione. Negli incontri di supervisione sui casi clinici affrontati con il Gioco della sabbia, Dora Kalff raccomandava agli psicoterapeuti di coltivare un atteggiamento non giudicante e di cercare di sviluppare la propria capacità di amare. Un atteggiamento che fosse curioso e disponibile, capace di accogliere le immagini e i simboli che si presentano nella sabbiera, senza esprimere giudizi e nemmeno interpretazioni. Questo tipo di atteggiamento consente al terapeuta di sperimentare un sentimento di libertà che viene comunicato al paziente in modo non verbale, aiutandolo a scoprirne, anche dentro di sé, il potere trasformativo. La capacità di amare, intesa come desiderio autentico che il paziente possa finalmente liberarsi dal suo soffrire, porta il terapeuta a riconoscere nel paziente una persona e quest’ultimo può allora imparare a guardare con amore quei lati di sé che prima trovava inaccettabili e negativi.
  Partendo da questi suggerimenti e orientamenti metodologici, Martin Kalff ha indicato una nuova via sperimentandola con i suoi pazienti e con il gruppo di supervisione di Zollikon. La novità del suo approccio consiste nello spostamento dell’attenzione dall’osservazione delle immagini che compaiono nella sabbiera, all’osservazione e registrazione delle percezioni corporee che tali immagini attivano sia in chi le osserva, sia in chi le crea. È l’ascolto dei vissuti del corpo che diviene così il terreno solido da cui partire per conseguire una comprensione più profonda sia delle immagini che compaiono nella sabbia sia dei sogni raccontati dai pazienti.