Piera Maculotti su Bresciaoggi 17 novembre 2005
Il nuovo libro di Ferliga
Un’apologia del maschile
Rivalutare la figura paterna nella famiglia e nella società
Oggi pomeriggio alle ore 18 nel salone Vanvitelliano di Palazzo Loggia verrà presentato il libro "Il segno del padre nel destino dei figli e della comunità". L’autore sarà intervistato da Piera Maculotti.
Siamo tutti orfani? Figli senza padre, abbandonati a noi stessi, disorientati, fatichiamo a dare un senso - forte - alla vita. Dio è morto: il Padre celeste non c’è più. E quello terreno dov’è? Eliminato dal figlio che - secondo il freudiano complesso edipico - desidera la morte del padre per restare nel caldo, simbiotico abbraccio materno? Colpito dai figli (dei fiori) delle contestazioni antiautoritarie, dure contro la legge dei padri? E soprattutto oggi - nel luccicante vuoto di una società consumista, narcisista, sempre più "femminilizzata" ("gineco-cratica" protesta qualcuno) - il padre dov’è?
Il dibattito è aperto; certo è che la funzione del padre, insieme al "ruolo del maschio", necessita di qualche serio ripensamento.
Un contributo significativo viene dal nuovo saggio di Paolo Ferliga: "Il segno del padre" (Moretti &Vitali, pagg. 238, euro 16) L’autore, docente di filosofia e storia al Liceo classico di Brescia, psicoterapeuta e analista di formazione junghiana - condensa esperienze e conoscenze in un lavoro «importante, accurato e coraggioso» come sottolinea nella prefazione Claudio Risè.
Va detto in proposito che proprio Risè, da "Il maschio selvatico" del ’93 a "Il mestiere di padre" del 2004, è considerato l’antesignano del nuovo "movimento degli uomini", e ha certamente ampia voce in capitolo.
Alla perenne domanda di senso («Essere o non essere?») il libro risponde con sollecitazioni forti, con rimandi alla filosofia, alla letteratura, alla psicologia del profondo (in particolare con un’attenta analisi comparata tra Jung e il "padre" Freud, nonchè il padre anagrafico).
La riflessione di Ferliga attraversa la storia dell’uomo - del suo pensiero, e della sua anima - con uno sguardo a tutto campo, ma con un’ottica chiara, lontana dall’ipocrisia di chi considera "l’uomo" un essere neutro, senza distinzione di genere.
"Il segno del padre" distingue, specifica, precisa: l’originaria differenza è un valore da rimarcare e salvaguardare soprattutto oggi nella società orizzontale dell’omologazione e dell’in/differenza.
Accanto all’indispensabile presenza della madre, per la crescita dei figli è fondamentale la funzione del padre, il suo far da ponte tra famiglia e società, iniziando i giovani alla vita adulta. Per questo, spiega il libro, quella paterna non può essere una «figura dispensabile», sostituibile con altri modelli; quello materno, comprensivo e accogliente, o quello «dei pari», eterni adolescenti senza regole nè responsabilità, con fantasie di onnipotenza: «tutto e subito e senza sforzo».
L’assenza del padre reale o simbolico che sia, è un vuoto da colmare. Una perdita pericolosa, che può persino portare alla follia, come ben racconta quella tragedia dell’essere moderno che è la shakespeariana storia di Amleto: emblema del figlio orfano e solo, angosciato e dubbioso, dentro un tempo scardinato privo di centro e di certezze.
Eppure la morte del padre è una ferita necessaria; doloroso, profondo "segno" da accogliere, se si vuole crescere e ritrovare la propria identità. Magari - ispirandosi alla saggezza di Ulisse - arrivando a diventare padre di se stessi.
Un percorso che i nove capitoli del libro di Ferliga disegnano con immagini vive e suggestive. A partire dalla «via dell’acqua», la fluida, multiforme ricchezza dell’inconscio collettivo da cui attingere per incontrare l’archetipo del Padre Perduto. Saldo segno con cui confrontarsi, e allearsi (come suggerisce ancora Ferliga) per dare nuova energia al proprio cammino. Per dare un senso più pieno al proprio destino, di uomini e di donne.
Piera Maculotti