Leonardo Servadio in “Noi, Genitori & Figli”

Dall’inserto “Noi, Genitori & Figli”di Avvenire del 26 febbraio 2006

Leonardo Servadio
La figura del padre è quella di colui che sostiene, aiuta, corregge: l’invidia per il figlio sembra esclusa a priori. Per quali ragioni questa potrebbe invece manifestarsi? “E’ qualcosa che avviene solo quando il padre è preda dell’ombra”, spiega Paolo Ferliga, psicoterapeuta autore del volume appena pubblicato “Il segno del padre nel destino dei figli e della comunità” (Moretti & Vitali, 240 pagine, 16 euro).

“L’ombra” d cui parla Ferliga è il deposito degli aspetti negativi del nostro carattere, quelli di cui ci vergogniamo e che sono relegati nell’inconscio, come polvere nascosta sotto un tappeto. Finché questi non sono riconosciuti e accettati, condizionano la personalità e il comportamento. “Certo – sostiene l’esperto – l’invidia per il figlio è assai inconsueta e rivela una personalità debole e negativa: è un sentimento peggiore di quell’odio che può emergere in un  momento di collera. Può spiegarla in parte la fragilità umana, il fatto ad esempio di sentirsi fallito nel campo del lavoro. In termini generali però si può dire che l’invidia non appartiene al padre”.

Calderòn de la Barca trattò un problema simile nel suo capolavoro “La vita è sogno”: il re racchiude il figlio in prigione perché non accetta l’idea che questi un giorno lo sostituirà alla guida del regno. “Un testo stupendo, che tratteggia il quadro di una persona debole, che rifiuta il ruolo di padre. Perché un vero padre non solo sa e accetta che un giorno il figlio lo sostituisca, ma lo inizia alla vita con questa consapevolezza. Tuttavia nel dramma di Calderòn il vecchio re, sconfitto in battaglia dal figlio, ne riconosce il valore e la dignità e in quel momento rende a se stesso la propria dignità di padre”.

 

PRESENZA PATERNA SEMPRE PIU’ EVANESCENTE

Il libro di Ferliga prende spunto dalla figura di Amleto: un figlio che è stato privato del padre e che non sa darsene pace. Amleto è immagine dell’uomo d’oggi, per il quale la presenza paterna è sempre più evanescente. “Verso una società senza padre” era il titolo di un libro di Aexander Mitscherlich, uscito nel 1963, in cui si analizzava la progressiva scomparsa di questa figura. Oggi la perdita sembra essere pressoché totale: e non solo sul piano psicologico, ma persino biologico, al punto che si prefigurano sistemi di ingegneria genetica che consentirebbero a una donna di procreare senza la necessità dell’intervento maschile.

Ma questo estraniarsi del padre ha radici lontane: comincia col contrarsi delle società contadine, dove la sua figura era centrale e presente in tutti i momenti della vita familiare. Con la rivoluzione industriale il padre è sempre più assorbito nel lavoro, al punto che la sua presenza in casa si riduce alle ore notturne. Per conseguenza l’educazione dei figli è lasciata alle madri. Ma, almeno sino a pochi decenni or sono, restano ancora figure paterne all’esterno della famiglia: per esempio nella scuola vi sono insegnanti maschi che esercitano una funzione di padre sostitutivo.

Oggi anche queste figure vicarie tendono a scomparire: per esempio la maggioranza degli insegnanti è donna, soprattutto nelle scuole di ordine più basso. Così i figli crescono in condizioni di assenza totale di figure paterne. Le conseguenze? La struttura della personalità ne risente.

“Privi del padre – scrive Ferliga – i figli faticano a entrare  nel tempo, della storia e della vita: non crescono più, restano sempre adolescenti”. Lo psicologo americano Robert Bly ha sottolineato la situazione particolarmente grave del suo Paese: negli Stati Uniti circa un terzo delle nascite avviene al di fuori del matrimonio  enella maggior parte dei casi il nome del padre sul certificato di nascita resta bianco.

 

INTRODURRE IL RAGAZZO NEL MONDO ESTERNO

Padre e madre hanno ruoli ben distinti nella vita di famiglia. La madre ha una relazione simbiotica col figlio, dal concepimento in poi. Una simbiosi che permane come alcunché di protettivo ed esclusivo, simbolo e ricordo della condizione di felicità assoluta che il feto vive nella pancia della mamma e che si prolunga nella vita del bambino, entro il circoscritto ambiente domestico. Il ruolo del padre si contrappone a quello della madre: a lui spetta di porre limiti a quel senso di assolutezza che il bimbo ha sperimentato con la mamma. In un certo senso al papà spetta di strapparlo (con una “ferita” sostiene Ferliga) a quella simbiosi esclusiva, per introdurlo nel mondo esterno, insegnandogli le regole di questo, così che vi si possa muovere da persona adulta, dotata di un ruolo proprio e definito nella società. Un ruolo che implica, sia per i maschi che per le femmine, la costituzione di una parte sostanziale del loro carattere, sulla quale si fonda la loro autonomia e quindi la loro autorità.

“Mancando questo - afferma Ferliga – il giovane o la giovane restano più facile preda delle mille suggestioni che giungono dai mass media, dalla oda e dalla pubblicità. Diventano personalità deboli fortemente condizionate dalla società dei consumi e trovano difficoltà nell’esprimere un giudizio proprio e indipendente”.

Né aiuta il fatto che oggi il,ruolo della donna sia cambiato: non più chiusa in casa come un tempo, essa tuttavia non basta per introdurre il piccolo nella vita. “Non è solo questione di ruoli lavorativi – insiste Ferliga – in questo non sono d’accordo con chi sostiene che la madre possa svolgere lo stesso ruolo del padre. Perchè il padre incarna un archetipo radicato nell’inconscio collettivo ed è portatore di un segno caratteristico: la ferita indispensabile per separare i figli dal protetto mondo materno ed iniziarli alla vita. Questo segno è specifico del padre! Per questa ragione la sua presenza nella vita dei figli è indispensabile”.

Le statistiche ISTAT indicano che recentemente la quantità di tempo che i padri passano nel prestare il loro aiuto in famiglia è aumentata un poco (21 minuti nel periodo 1998 – 2003, per arrivare a quasi due ore al giorno) e una parte preponderante di questo tempo, più che al lavoro domestico, è dedicata ai figli.

“E’ un buon segno, perché i figli hanno bisogno anche della presenza fisica, concreta del padre. Oggi è necessario comprendere sino in fondo l’importanza sociale e simbolica della figura paterna, sentire il vuoto e la sofferenza che la sua assenza lascia nella vita dei figli. Come tutti i giovani sentono, per quanto magari non osino confessarselo, la necessità di figure paterne cui guardare, - conclude Ferliga – allo stesso modo gli adulti dovrebbero recuperare quel senso di responsabilità verso le nuove generazioni, senza il quale la comunità non può crescere e neppure esistere veramente”.

NOSTALGIA DELLE RADICI

Nel mondo “politically correct” – ma pure marcato dalla crescente assenza dei valori fondanti per la società – la figura del padre, depositario dell’autorità  e della tradizione, si è fatta  sempre più evanescente. Nei decenni passati abbiamo assistito a una specie di “parricidio culturale” strisciante: e questo non è stato privo di conseguenze. Dall’assenza della figura paterna deriva una società che vive di relazioni “orizzontali”, dove dilaga l’indifferentismo, e le persone sono allo sbando sotto il profilo caratteriale e morale. Gli effetti psicologici di questa situazione sono da qualche tempo oggetto di ripensamento; Paolo Ferliga dà un importante contributo a tale dibattito col suo recente volume “Il segno del padre nel destino dei figli e della comunità” (Moretti & Vitali, 240 pagine ,16 euro). Non soltanto a livello culturale, ma anche sulla base dell’esperienza “sul campo”, nell’analisi e nella terapia che l’autore pratica per professione.” attraverso un gioco di rimandi tra le figure letterarie  e storiche da un lato, e dall’altro le immagini che emergono nell’inconscio dei pazienti, che Ferliga guida il lettore a comprendere che cosa significa oggi la lontananza della figura paterna, e quanto sia pressante il bisogno e la nostalgia che molti per essa provano. Da cui deriva la sempre più sentita necessità che si recuperi il senso della responsabilità verso gli altri, i giovani in particolare: una nuova responsabilità, che sappia porre su basi sane il concetto di autorità e di paternità, lontano dalle deviazioni autoritarie e paternaliste. L.S.