La dorata parmelia. Licheni, poesia e cultura in Camillo Sbarbaro

Il volume La dorata parmelia. Licheni, poesia e cultura in Camillo Sbarbaro, a cura di Giuseppe Magurno, Carocci, Roma 2011 (€ 35,00), nasce dall’occasione di un convegno di studi sul poeta di Santa Margherita Ligure svoltosi a Brescia nei giorni 29 febbraio e 1 marzo 2008 e organizzato dal locale liceo classico “Arnaldo”. Tale volume accoglie gli Atti del convegno, a cui hanno partecipato botanici e letterati, e fornisce un ritratto completo dell’uomo, del poeta e del lichenologo ligure. Infatti Camillo Sbarbaro, singolare figura di poeta-scienziato, ha coltivato per buona parte della sua vita una doppia, « estetica passione »: quella per la letteratura (poesia, prosa, traduzioni) e quella per i licheni. Licheni, poesia e cultura si sono in lui variamente intrecciati, con rifrazioni e osmosi reciproche, fino a sovrapporsi e a risultare interdipendenti. I licheni, metafora dell’esistenza e «campionario del mondo», hanno alimentato l’immaginario poetico dell’autore di Pianissimo; e i prodotti del suo immaginario hanno consolato, non diversamente dai licheni, il «grande deserto» del mondo. L’avventura poetica e scientifica di Sbarbaro si è posta sotto il segno degli occhi, organo di senso privilegiato e capace di inglobare tutta la sua vita (« Tutta la vita è nei miei occhi »). A tale passione e modalità di osservazione si è accompagnata l’attività di traduttore del poeta ligure (dal greco antico:v. traduzione dell’Antigone sofoclea e del Ciclope di Euripide; dal francese: v. traduzione di A’ Rebours di Huysmans; dal latino:v. traduzione di alcuni poemata di Pascoli), di cui pure dà conto il volume. A margine del convegno, si è voluto indagare su un centinaio di licheni sbarbariani custoditi presso il locale Museo di Scienze Naturali, e sui relativi contenitori di carta. Il mistero, connesso alla paternità poetica dei testi dattiloscritti che quei cartocci improvvisati racchiudono, e che hanno offerto l’idea prima delle due giornate di studio bresciane, non è stato però risolto e svelato. Quei versi sono ancora in cerca d’autore, perché la Musa di Sbarbaro ha rivolto i suoi occhi altrove. E’ probabile che quelle liriche adespote appartengano a qualche corrispondente del poeta, e che la loro poco nobile destinazione finale sia stata dettata da dissonanti esigenze di gusto e di giudizio, con relativa “damnatio memoriae” dell’incauto, anonimo autore.