Perfezionismo e individuazione

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La parola perfetto, deriva dal latino perficere che significa fare, effettuare, compiere, portare a termine e perfezionare. Nell’etimologia latina è presente il senso del completamento di un’opera, come si evince anche dall’avverbio perfecte che significa completamente e dal sostantivo perfectus che significa perfetto, completo, valente.

In questa accezione tendere alla perfezione significa tendere alla completezza e esprime una tendenza positiva dell’animo umano che mostra il desiderio di portare a termine ciò che ha iniziato.

Se dunque teniamo fede all’etimo latino della parola perfezione, dobbiamo riconoscere che la tendenza alla perfezione coincide con la spinta alla completezza e risponde, dal punto di vista psicologico, a un valore positivo, alla ricerca continua che spinge la psiche a realizzarsi pienamente. In un certo senso, da questo punto di vista, la ricerca dell’impossibile ha un suo valore positivo. Quello che oggi ci appare impossibile potrà domani diventare possibile, se pensiamo alla perfezione come al completamento di quell’opera prima che consiste nella propria personale realizzazione.

Il perfezionismo invece, richiede un eccesso di specializzazione che implica necessariamente uno sviluppo della psiche che esclude dal suo orizzonte la completezza. Il perfezionismo esclude programmaticamente gli errori, la fragilità, l’Ombra che caratterizza la psiche individuale. Con una parola possiamo dire che il perfezionismo esclude dal suo orizzonte il corpo. In questo senso, come dice il dizionario della lingua italiana, indica una “tendenza nevrotica che impedisce spesso all’individuo di attuare cose relativamente semplici, per eccesso di narcisismo e autocritica.” (Devoto-Oli)